canzone che risale al 1941 di Ruccione, De Torres e Simeoni. Traeva spunto da un tragico episodio di guerra. Sul finire del 1940 gli inglesi avevano scatenato l'offensiva in Libia. Il Generale Graziani, dal 9 dicembre, aveva subito una sconfitta dietro l'altra. Il 15 di quello stesso mese tutte le truppe italiane si erano ritirate a Bardìa e avevano resistito 20 giorni prima di cedere. Ma i nostri soldati non si erano dati per vinti e avevano organizzato un'estrema, disperata resistenza nell'oasi di Giarabub, senza pane, senza acqua, senza neanche munizioni. E gli inglesi, a causa di ciò, avevano dovuto ritardare di due mesi la loro avanzata in Cirenaica. Di questa canzone se ne fecero due versioni e la musica era ampiamente copiata da quella di un brano precedente, che proprio per questo riacquistò larga popolarità.
Inchiodata sul palmeto veglia immobile al luna,
a cavallo della duna sta l'antico minareto.
Squilli, macchine, bandiere,
scoppi, sangue
Dimmi tu:
che succede, cammelliere?"
"è la sagra di Giarabub."
Colonnello non voglio pane,
dammi piombo pel mio moschetto;
c'è la terra del mio sacchetto
che per oggi mi basterà.
Colonnello, non voglio l'acqua,
dammi il fuoco distruggitore,
con il sangue di questo cuore
la mia sete si spegnerà.
Colonnello non voglio il cambio:
qui nessuno ritorna indietro:
non si cede neppure un metro
se la morte non passerà.
Spunta già l'erba novella
Dove il sangue scese a rivi,
quei fantasmi in sentinella
sono morti o sono vivi.
"E chi parla a noi vicino?
Cammeliere, non sei tu!"
"In ginocchio, pellegrino,
son le voci di Giarabub."
Colonnello ecc.
Colonnello non voglio encomi:
sono morto per la mia terra
ma al fine dell'Inghilterrai
ncomincia da Giarabub.