Mamma mia dammi cento lire

Interprete: coro S.A.T.

Conosciutissima e diffusissima in tutta l'Italia settentrionale, questa canzone è l'adattamento al tema dell'emigrazione di una ballata assai nota, di solito pubblicata come "La maledizione della madre". Nella ballata la madre non vuole che la figlia sposi il re di Francia (o altro personaggio), la figlia disobbedisce e muore attraversando a cavallo un corso d'acqua. "Mamma mia dammi cento lire" si riferisce alle migrazioni dei contadini settentrionali verso l'America meridionale assai più che verso quella settentrionale (che attrasse successivamente, la migrazione meridionale), nella seconda metà del secolo scorso.
Quando si pensa agli emigranti italiani subito ritorna l'immagine dei disperati contadini meridionali in viaggio verso il Nord America con il famoso "passaporto rosso". In realtà quello fu il secondo momento dell'emigrazione italiana, soprattutto consistente nei primi dieci anni del '900. Il primo, altrettanto doloroso e drammatico, ha invece per protagonisti i contadini settentrionali e per meta il Sud America. Si sviluppa, in fasi di varia intensità direttamente riferite alle vicende economiche interne, nell'ultimo ventennio del secolo passato e vede impegnate masse consistenti in trasferimenti sia stabili che stagionali.
La strada dell'emigrazione rimane in molti casi l'unica aperta a una speranza di sopravvivenza. Ciò è già detto molto chiaramente in una delle canzoni intonate nell'Alto milanese nelle agitazioni del 1885 e del 1889 (Quaranta ghèi d'inverno), nei versi conclusivi: "i pòer paisan intanta in là a spettà / la letera dell'America he la dev rivà" (cioè: "i poveri contadini intanto non hanno altro da sperare / che nella lettera di chiamata che deve arrivare dall'America").
Molti contadini settentrionali, si trasferirono in quegli anni, in Brasile e soprattutto in Argentina, ma intenso fu anche il movimento stagionale. Partivano da Genova in autunno (quando i raccolti erano da noi terminati) e andavano a fare un secondo raccolto nell'emisfero australe (dove incominciava l'estate). Tornavano in primavera con poche centinaia di lire, la maggior parte delle quali andava agli organizzatori e agli intermediari. Pagati costoro e il viaggio, spesso ai contadini non rimanevano che alcune decine di lire quale compenso di quattro o cinque mesi di fatica. Così dice l'inchiesta parlamentare del 1890 sulle condizioni igienico-sanitarie dei lavoratori delle campagne:
"L'emigrazione è un importante fenomeno sociale che si produce già spontaneamente. L'emigrazione permanente, cioè quella che va a fissarsi in altri paesi, non sapendo se e quando tornerà, e di cui nelle statistiche italiane si considera solo quella parte che va in paesi fuori dall'Europa, è cresciuta progressivamente in quest'ultimo decennio. Nel 1878 gli emigrati di questa specie furono 18.535. Nel '79, 49.824. Nell'80, 37.934. Nell'81, 41.607. Nell'82, 65.748. Nell'83, 68.416. Nell'84, 58.049. Nell'85, 77.029. Nell'86, 85.355. Nell'87, 127.748. Nell'88, 195.993.
Il maggior contingente, oltre i tre quarti, alla cifra dell'emigrazione lo danno i coltivatori del suolo. Le regioni dove la classe agricola emigra in maggiore proporzione sono il Veneto, il Piemonte, la Lombardia, le Calabrie, la Basilicata, nelle quali lavoratori avventizi si trovano in gran numero."

Mamma mia, dammi cento lire
che in America voglio andar

Cento lire sì, te li dò
ma in America no e poi no.

I fratelli alla finestra:
Mamma mia, lascèla andar

'Pena giunta in alto mare
bastimento si rialzò.

I miei capelli son ricci e belli
l'acqua del mare li marcirà

Le parole oi della mamma
son venute la verità.