Questa bella canzone di risaia faceva parte del repertorio
di Giovanna Daffini, uno straordinario personaggio di notevole
intelligenza e umanità, mondina in gioventù, cantastorie
poi fino alla morte (1969): andava di paese in paese, alle feste,
ai matrimoni, nelle osterie, a cantare le "sue" canzoni,
accompagnandosi alla chitarra, con al fianco il marito, Vittorio
Carpi, violinista.
Questa canzone, appresa dalla Daffini nel Novarese e nel Vercellese,
era cantata dalle mondine già dopo una ventina di giorni
di lavoro (il contratto prevedeva trenta-quaranta giorni), "
perchè eravamo stanchi di monda, che si vedeva le case
anche distante non so quanti chilometri" secondo una sua
testimonianza.
"Prèma al rancaun - e pò dopu a 'l s-ciancaun"
- Le mondine dovevano sradicare le erbe infestanti,ma per far
meno fatica e come forma di protesta, preferivano, nascoste dall'acqua,
spezzarle, strapparle solamente.
Come altri canti del repertorio di risaia, anche questo ha relazione
con canzoni militari (la quarta e la quinta strofa soprattutto).
Sciur padrun da li bèli braghi bianchi
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li bèli braghi bianchi
fora li palanchi ch'anduma a cà.
A scusa, sciur padrun,
sa l'èm fat tribulèr,
i era li prèmi volti.
ca 'n saièvum cuma fèr.
Prèma al rancaun
e pò dopu a 'l s-ciancaun,
e adès ca l'èm tolt via
al salutèm e pò andèm via.
Al nostar sciur padrun
l'è bon com'è 'l bon pan.
da stèr insima a l'èrsan
al dis: "Fè andèr cal man"
E non va più a mesi
e nemmeno a settimane,
la va a pochi giorni
e poi dopo andiamo a cà.
E non va più a mesi
e nemmeno a settimane,
la va a poche ore
e poi dopo andiamo a cà.
Incò l'è l'ultim giuren
e adman l'è la partenza,
farem la riverenza
al noster sciur padrun.
E quando al trèno a s-cèffla,
i mundèin a la stassion
con la cassiètta in spala
su e giù per i vagon.
Quando saremo a casa
dai nostri fidanzati
ci daremo tanti baci,
tanti baci in quantità.
Traduzione:
Signor padrone dai bei pantaloni bianchi,
fuori i soldi che andiamo a casa.
Scusi, signor padrone, se l'abbiamo fatto tribolare;
erano le prime volte e non sapevamo come fare.
Prima lo sradicavamo, poi lo strappavamo,
e adesso che lo abbiamo tolto la salutiamo e andiamo via.
Il nostro signor padrone è buono come il pane
buono di stare sopra l'argine e dice: Fate andare quelle mani...
Oggi è l'ultimo giorno e domani è la partenza,
faremo la riverenza al nostro signor padrone...
E quando il treno fischia, le mondine alla stazione
con la cassetta in spalla, su e giù per i vagoni.