La canzone risale alla guerra d'Etiopia (1935) ed è di quelle che servirono a propagandare l'impresa. Musica e parole
più che popolari sono gogliardiche, da squadraccia. Le immaginiamo anche opportunamente modificate dai più esaltati per dar loro tinte più forti di scherno razzista. Oggi risultano per lo più ridicole, specialmente l'ultima strofa: nessuno oggi troverebbe esaltante avere un Mussolini a Roma piuttosto che tanti quattrini! Ma in fondo è a questo che serve la storia!
Se prenderemo il negus gliene farem di belle
se lui farà il testardo noi gli farem la pelle:
dài dài dài,
l'Abissino vincerai.
Ha molte terre incolte che non sa far fruttare
e noi sarem capaci di andarle a conquistare.
Se l'Abissino è nero gli cambierem colore.
a colpi di legnate poi gli verrà il pallore.
La flemma a quel Paese si è alquanto un po' cambiata:
se prende le difese la mandiamo in ritirata.
Il general De Bono ci ha detto in confidenza:
se prenderemo il negus ci manderà in licenza.
Ho fatto una promessa stasera al mio tenente
di fare il valoroso se vado giù in Oriente.
Se il negus non risponde e all'armi fa l'appello
noi gli farem gustare l'antico manganello.
C'è una nazione che ha molti quattrini
noi in compenso a Roma abbiamo Mussolini.